Newsletter del Giovedì, 02 Aprile 2020
Giovedì, 02 Aprile 2020
Le mancate Olimpiadi di Tokyo 1940, Sugimura, Kano e De Coubertin
Roma, 2 aprile 2020 –
Pubblichiamo oggi la prima parte di un avvincente racconto storico narrato
dall’arch. Livio Toschi, nella sua veste di storico della FIJLKAM: quella delle
Olimpiadi di Tokyo del 1940, accuratamente programmate ma non svolte a causa
della Seconda Guerra Mondiale (oltre che quelle del 1944).
Sarà interessante
scoprire una delle storie meno raccontate, ma al contempo meglio documentate
delle Olimpiadi che non furono.
Questa è la prima puntata, buona lettura!
L’Olimpiade di Tokyo è stata rinviata al 2021. È la prima volta che succede: in passato i Giochi furono annullati per tre volte a causa dei conflitti mondiali (1916, 1940 e 1944), tuttavia mai rinviati. Nel 1940 il CIO li aveva assegnati proprio a Tokyo, questo ormai lo sanno tutti, ma di quei Giochi voglio evidenziare alcuni fatti ancora poco noti seppure di grande interesse.
Innanzi tutto ricordo che per ospitare i Giochi del 1940
erano in lizza 11 città, ma Roma e Tokyo apparivano nettamente favorite.
Nonostante i segnali propizi che ci pervenivano dal CIO e in particolare dal suo
presidente, il conte Henri de Baillet-Latour, su richiesta dell’ambasciatore
nipponico Yotaro Sugimura, Mussolini fece ritirare la
candidatura di Roma. Sugimura (1884-1939), laureatosi all’Università Imperiale
di Tokyo nel 1908, fu allievo di Jigoro Kano e VI dan di judo, funzionario del
ministero degli Affari Esteri, vice-segretario generale e direttore degli affari
politici della Società delle Nazioni dal 1927 al 1933, membro del CIO dal 1933
al 1936, ambasciatore a Roma dal 1934 al 1937, poi ambasciatore a Parigi.
Insomma, era un personaggio influente ed ebbe un ruolo di rilievo
nell’assegnazione a Tokyo della XII Olimpiade.
L’Olimpiade in Giappone
avrebbe comportato un lungo viaggio e notevoli spese per quasi tutti i paesi,
che perciò tentennavano, mentre la nostra causa era ben sostenuta da Bruno Zauli
sulle pagine de Il Littoriale, quotidiano sportivo della capitale, e da Lando
Ferretti sulla sua influente rivista Lo sport fascista. Il CONI, inoltre, nel
1935 aveva reclamizzato nel mondo intero la candidatura della Città Eterna con
una pubblicazione intitolata Roma Olimpiaca, a cura di Zauli e del professor
Raniero Nicolai.
Nonostante tutto ciò, all’improvviso Mussolini fece ritirare
la candidatura di Roma. «Non ci furono consultazioni, non ci fu possibilità di
discutere», ha più tardi amaramente commentato Zauli. Che cosa era accaduto
perché il duce rinunciasse a una così bella occasione per esaltare l’efficienza
organizzativa e costruttiva del fascismo? Il 13 dicembre 1934 Sugimura aveva
incontrato Mussolini e fra le varie questioni poste sul tappeto si era parlato
anche di Olimpiadi. Nel 1940 il Giappone intendeva festeggiare solennemente il
26° centenario della dinastia imperiale, che la tradizione nipponica fa risalire
al mitico Jimmu Tenno (660 a.C.): trovato l’accordo in politica estera
(espansionismo italiano in Etiopia e giapponese in Cina), bisognava favorire
senza esitazioni la nazione amica. Tanto più che avremmo candidato Roma per le
Olimpiadi del 1944, con il pieno appoggio del Giappone.
Fu la sessione del
CIO tenuta a Berlino il 31 luglio 1936 ad assegnare la XII Olimpiade a Tokyo,
che prevalse con 36 voti favorevoli contro i 26 di Helsinki. A raggiungere quel
risultato contribuì in maniera decisiva il padre del judo, Jigoro
Kano. Membro del CIO dal 1909 al 1938 e presidente onorario del
Comitato Olimpico Giapponese, presentò la candidatura di Tokyo nel 1932 e la
sostenne fino alla vittoriosa votazione del 1936, impegnandosi poi senza
risparmio nelle molteplici attività del Comitato Organizzatore dei Giochi.
Infaticabile, dopo aver presenziato alla sessione del CIO al Cairo (10-18 marzo
1938), raggiunse Seattle e Vancouver per incontrare i responsabili del judo in
quelle città (Yasuyuki Kumagai e Shigetaka Sasaki). Mentre stava tornando in
patria sul piroscafo Hikawa Maru, morì a causa di una polmonite il 4 maggio
1938, all’età di 78 anni, e i suoi funerali furono celebrati solennemente a
Tokyo il giorno 9. Anche grazie al carisma di Kano nel programma della XII
Olimpiade venne inserita una dimostrazione di budo, durante la quale si
sarebbero esibiti esperti di judo, karate, sumo, kendo e kyudo. Luogo prescelto
fu il Kokugikan a Ryogoku, il più grande impianto sportivo coperto dell’Estremo
Oriente, inaugurato nel 1909. Aveva una pianta circolare della superficie di
6.750 mq, disponeva di 17.500 posti distribuiti su tre piani ed era coperto con
una cupola ribassata che raggiungeva i 26 metri di altezza. Nel 1985 è stato
sostituito dall’odierno Kokugikan, in cui ha sede il Museo del Sumo.
2.3.
Chiudo questo
primo articolo sulla mancata Olimpiade del 1940 con una chicca. Il 2 settembre
1937 moriva a Ginevra Pierre De Coubertin, colpito da paralisi cardiaca mentre
passeggiava nel parco La Grange. Aveva però fatto in tempo a consegnare a Werner
Klingeberg (consigliere tecnico del Comitato Organizzatore), in partenza per il
Giappone, il suo ultimo e pressoché sconosciuto messaggio, in data 29 luglio
1937: si è solitamente ritenuto, infatti, che l’ultimo significativo messaggio
del barone fosse quello scritto in occasione dei Giochi di Berlino, ma non è
così. Ne trascrivo il testo:
«La missione di cui si fa carico il Giappone
organizzando a Tokyo la celebrazione della XII Olimpiade è la più grande che mai
sia stata affidata a un popolo, poiché non si tratta solamente di veder
continuare la corsa della fiamma olimpica attraverso il mondo e di associare
così intimamente l’intera Asia all’olimpismo, ma anche di unire l’ellenismo a
ciò che l’Asia ha prodotto di più raffinato in materia di cultura e di arte.
Sarà per me una gioia vivissima l’aver potuto contribuire in qualche modo a un
tale avvicinamento».
(continua)
Didascalie
In copertina: Il vecchio Kokugikan a Tokyo, inaugurato nel 1909
1. Yotaro Sugimura (1884-1939)
2. Jigoro Kano in Egitto nel marzo 1938
3. Jigoro Kano sul piroscafo Hikawa Maru in partenza da Vancouver. È probabilmente la sua ultima foto
4. La stele di Olimpia che dal 26 marzo 1938 custodisce il cuore del barone
de Coubertin